Gelato Artigianale
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Messaggio  tonio Gio Dic 13, 2012 10:22 am

Lo stato colloidale è intermedio fra quello delle soluzioni vere e proprie e quello delle sospensioni sedimentabili.
Le soluzioni vere e proprie sono costituite da ioni o molecole singole o piccoli aggregati molecolari (da 1 a 1000 atomi) disciolte in un solvente Le particelle disciolte sono estremamente piccole, con diametri particellari inferiori a 0,001 µm. Esse non sono osservabili neppure al microscopio elettronico e attraversano agevolmente le membrane dializzatrici.
Le dispersioni colloidali (impropriamente dette soluzioni colloidali) sono costituite da aggregati molecolari disciolte in un solvente (fase disperdente). Le particelle disciolte (fase dispersa) hanno diametri particellari compresi fra 0,001 e 0,1 µm; illuminate trasversalmente danno luogo al fenomeno di Tyndall. Esse sono osservabili al microscopio elettronico, attraversano agevolmente la carta da filtro, ma non le membrane dializzatrici.
Le dispersioni prendono il nome di sospensioni, emulsioni, schiume a seconda che la fase dispersa sia rispettivamente solida, liquida, gassosa.
Le sospensioni sedimentabili contengono grossi aggregati molecolari, con diametri particellari oltre 0,1 µm. Le particelle della fase dispersa sono osservabili al comune microscopio e spesso anche ad occhio nudo; tendono a sedimentare e sono separabili dalla fase disperdente per filtrazione su comune carta da filtro o per decantazione.
Le particelle colloidali, non sono mai in quiete, ma soggette al moto Browniano (movimento disordinato, dovuto agli urti con le molecole del liquido in continua agitazione termica). Finché le particelle restano piccole, la sedimentazione (moto ordinato dovuto alla gravità) è sopraffatta dall'agitazione termica. Però, quando due o più particelle colloidali collidono, possono riunirsi (coagulazione) per effetto di attrazioni Forze di Van der Waals), in particelle più grosse e appesantirsi sino a precipitare. Pertanto il moto Browniano da solo, non è sufficiente a garantire la stabilità della sospensione.
Una soluzione colloidale, per essere stabile, richiede che le particelle rechino cariche elettriche dello stesso segno. Queste cariche respingendosi impediscono alle particelle di collidere e quindi di coagulare e sedimentare.
Le cariche elettriche in questione, sorgono o per ionizzazione di gruppi ionizzabili appartenenti alle stesse particelle o per adsorbimento di ioni presenti in soluzione da parte delle particelle.
I colloidi si suddividono in due categorie:
-     colloidi liofobi, in cui le particelle disperse sono allo stato solido e a contatto diretto col solvente, insolubili nel mezzo disperdente e di varie dimensioni (ossia polidispersi). La loro carica elettrica proviene da adsorbimento di ioni.
colloidi liofili, in cui le particelle disperse sono solvatate e quindi separate dal solvente dallo strato di solvatazione. La loro carica elettrica proviene dalla ionizzazione di gruppi ionizzabili appartenenti alle stesse particelle.
A loro volta i colloidi liofili si distinguono in due gruppi:
colloidi molecolari costituiti da macromolecole singole. A questa categoria appartengono le soluzioni di acido polisilicico.
-colloidi micellari costituiti da aggregati (che prendono il nome di micelle) di più molecole, tenute assieme da forze di Van der Waals. A questa categoria appartengono le soluzioni di silice colloidale.

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Messaggio  tonio Ven Mag 15, 2020 2:14 pm

Riprendiamo questo vecchio argomento per parlare di emulsionanti e stabilizzanti che altro non son che gli idrocolloidi come qualcuno ama definirli anche se per idrocolloidi definiamo principalmente gli stabilizzanti. Emulsionanti e stabilizzanti che assieme sono gli ingredienti del neutro e gli ingredienti principali delle basi.

Il gelato può essere fabbricato senza l'uso di SE (il latte contiene naturalmente composti come lecitine, proteine, fosfolipidi, fosfati e citrati che fungono da E/S), L'uso di stabilizzanti e emulsionanti produce un gelato più soffice, ritarda la formazione di grossi cristalli di ghiaccio durante l'indurimento e la conservazione (maggiore resistenza al ricongelamento dell'acqua) rende il prodotto più uniforme e resistente allo scioglimento a temperatura ambiente: in sostanza più stabile uniforme e serbevole e di migliore qualità organolettica.
Il termine addensante si colloca sotto un’unica voce, “additivi”, i quali possono comprendere anche prodotti gelificanti e stabilizzanti, sono regolamentati dalla legge (DM 27.2.1986 n. 209) e devono essere riportati in etichetta con la lettera “E”, seguita da un numero. La maggior parte degli addensanti impiegati nei prodotti dolciari sono di origine naturale, non sintetica, tuttavia possono essere usati a dosaggi precisati dalla legge, salvo alcune eccezioni. Questo rende l’informazione diretta al consumatore finale un po’ distorta, poiché si pensa che dietro quella sigla e quel numero si celi chissà quale strana sostanza nociva per la salute. Questi prodotti possono fungere da addensanti a certi dosaggi o condizioni, ma diventare gelificanti ad altre. Oppure uno stesso prodotto può addensare (rendere viscosa una sostanza liquida) in combinazione con altri additivi o gelificare (il liquido diventa più gelatinoso) se lavora in sinergia con altri ancora. Essi possono provocare un aumento della viscosità in maniera bidimensionale, ovvero è possibile notare un certo cambiamento nell’aspetto del prodotto che rimane tuttavia ancora fluido; oppure tridimensionale, quando l’aumento di viscosità è tale che è possibile notare a occhio nudo lo stato di “solidificazione” del prodotto
In origine si usavano…
Il primo addensante è stato sicuramente l’uovo,in quanto ricco di lecitine, ma la farina di semi di carrube e la farina di semi di guar sono gli idrocoillodi di più antica origine nella produzione di gelato artigianale. In particolare il blend di queste due sostanze, prima che si scoprissero gli alginati e le loro doti, è stato per anni impiegato per ispessire la miscela gelato.
Gli emulsionanti sono delle sostanze che assistono nel processo di emulsificazione (il gelato è un emulsione di aria nelle altre sostanze allo stato liquido o solido della miscela) che è una dispersione stabile di particelle molto piccole, l'una nell'altra, riducendo la tensione superficiale dei componenti liquidi. Essi inoltre stabilizzano l'emulsione. Gli emulsionanti sono delle molecole che presentano una parte affine all'acqua (idrofila) e una parte affine ai grassi (idrofobica e lipofila) e che quindi si pongono all'interfaccia tra i due composti, altrimenti incompatibili, collegando le due parti della loro molecola con l'acqua e con i grassi e rendendo stabile l'unione tra i due che altrimenti si separerebbero. Il rosso d'uovo è un ben noto emulsionante.
Tra i tipi più usati in gelateria sono i derivati non ionici dei grassi naturali che vengono esterificati in modo da aggiungere alle lore molecole lipofile e solubili nel grasso uno o più radicali idrofili e solubili in acqua (mono e digliceridi degli acidi grassi).
Gli emulsionanti maggiormente impiegati in gelateria possono essere divisi in quattro gruppi: esteri della glicerina; esteri del sorbitolo; esteri mono e digliceridi ed steri di grassi di origini diverse.
Le quantità normalmente utilizzate variano dallo 0,2 allo 0,4% in peso (normalmente si presentano sottoforma di polvere dispersibile in acqua) del peso della miscela base del gelato. In generale gli emulsionanti tendono ad avere effetti minimi sul pH della miscela e sulla sua viscosità, diminuendo la tensione superficiale del sistema ed aumentando l'overrun.

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Messaggio  tonio Ven Mag 15, 2020 7:35 pm

Questo è un articolo di qualche anno fa che ho trovato su dolce salato e vorrei comunque postarlo perchè è molto interessante e ci spiega diverse cose è un po' lungo ma ci spiega diverse cose

Le dosi previste per ogni singolo addensante come la percentuale di miscela sull’intera ricetta è minima e, viste le proprietà addensanti, gelificanti, stabilizzanti ed emulsionanti, in alcuni casi anche elevate, dei singoli idrocolloidi, sbagliare anche di un solo grammo può compromettere tutto il lavoro. Non solo, bisogna prestare attenzione anche alla fase di miscelazione: gli addensanti non vanno mai incorporati direttamente nella sostanza liquida così come sono, è necessario mescolarli a secco con altre polveri come zucchero o latte in polvere, per esempio, e solo successivamente versarli con cautela nel liquido, per evitare la formazione di grumi. Vista la difficoltà, da un lato, di reperire i singoli addensanti in quantità minime adatte ai laboratori artigianali e, dall’altro, quella ben più grande di bilanciare in maniera precisa i diversi prodotti, le aziende di ingredienti composti e materie prime per gelateria e pasticceria hanno messo a disposizione il proprio know-how formulando miscele molto concentrate di stabilizzanti ed emulsionanti che vengono chiamate neutri (perché non apportano nessuno odore, sapore o colore, nello specifico sono detti “neutri industriali” poiché sono un ingrediente tipico per la produzione di gelato industriale) o basi (ideate appositamente sulle esigenze degli artigiani). Anche i neutri devono essere miscelati a secco normalmente con dieci volte il loro peso di zucchero, per esempio 2 g di neutro saranno mescolati con 200 g di zucchero semolato. Per le basi bilanciate, questo problema non esiste perché normalmente sono già miscelate con altri ingredienti come zucchero o latte in polvere. Dato per acquisito che all’interno di una base la miscela di addensanti, emulsionanti e stabilizzanti o neutri copre sempre la stessa percentuale (mediamente dal 2 al 7%), a questa le aziende aggiungano altre componenti (come zuccheri, proteine, grassi, ecc.), per arrivare a 50, 100 o 150 g di prodotto. La base 50 (così chiamata perché è necessario usarne 50 g per litro di latte), la prima a essere introdotta sul mercato, per esempio, è composta dai seguenti valori medi: 14% neutri, 40-50% latte magro in polvere, 40-45 g destrosio. Per la base 100, mantenendo 7 g di neutro iniziali, verranno aggiunti altri ingredienti per raggiungere 100 g di prodotto. Si avranno, quindi, i seguenti valori medi: 7% neutri, 40% zucchero, 20% l.m.p., 30% altro. Ogni addensante ha delle caratteristiche che si rivelano efficaci a determinate condizioni, ricordiamo che alcuni, per esempio, lavorano bene in ambiente acido, altri interagiscono con le proteine del latte. Ne consegue che le aziende hanno studiato neutri o basi specifiche per la lavorazione di gelati alle creme e per quelli di gelati alla frutta. I neutri per frutta sono normalmente solubili anche a freddo, quelli per le creme prediligono invece la preparazione a caldo. In entrambi i casi vanno inseriti alla miscela di gelato quando questa è a circa 40°-50°C, in alcuni casi anche a 70°C (la temperatura viene indicata direttamente sulla confezione), poiché la loro azione avviene durante la fase di pastorizzazione. I neutri o le basi per frutta sono di rapida idratazione e devono essere bilanciati per sopportare l’acidità della frutta per lungo tempo senza subire alterazioni come il rilascio di acqua o, con il freddo, la formazione di cristalli di ghiaccio grossolani. Mentre la frutta fresca, se venisse pastorizzata, subirebbe un cambiamento nel sapore, il gelato alle creme per sviluppare il massimo delle sue potenzialità ha bisogno di essere scaldato e, possibilmente, maturato per alcune ore. In questo caso, quindi, la base sarà composta da idrocolloidi che si idratano meno rapidamente rispetto a quelli usati per la frutta. Diverse sono infine le necessità dell’artigiano che preferisce saltare il ciclo di maturazione: sono, infatti, necessari ancora una volta idrocolloidi dal rapido sviluppo ma, se la miscela è alla crema, che lavorino in ambiente non acido.

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sistemi Colloidi Empty Farina di Semi di Carrube E410

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 9:07 am

è un idrocolloide ricavato dalla decorticazione e macinazione calibrata dei semi di una pianta della famiglia delle Leguminose, il carrubo (Ceratonia siliqua), tipica dei Paesi del bacino del Mediterraneo. Chimicamente è un galattomannano formato da una catena di mannosio (monosaccaride presente allo stato libero nella buccia d’arancia
La sua dispersione a freddo non crea problemi, in quanto la sua insolubilità a queste condizioni, non provoca la formazione di grumi. Essa è piuttosto instabile in ambiente acido, ma se correttamente idratata permette, in sinergia con altri idrocolloidi, specialmente quelli derivati dalle Rodoficee (come per esempio agar agar e carragenine), di ottenere una struttura setosa e “calda”. La presenza di farina di semi di carrube aumenta la forza gelificante e riduce o addirittura annulla la sineresi. Una caratteristica poco conosciuta è la sua intolleranza al congelamento. A contatto con il freddo, infatti, i legami che vengono sciolti durante la fase di dispersione ad alte temperature si formano nuovamente, annullando in parte le sue facoltà viscosizzanti. Per ovviare agli effetti negativi e potenziare quelli positivi, diventa quindi importante conoscerne le caratteristiche e le interazioni e trovare la giusta combinazione con altri idrocolloidi. Uno di questi è il guar.

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sistemi Colloidi Empty Farina di semi di Guar

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 9:10 am

La farina di semi di guar (E412), proprio come la farina di semi di carrube, viene estratta dai semi di baccelli di una Leguminose (Cyamopsis tetragonoloba) che si coltiva principalmente nei Paesi dell’estremo Oriente come Pakistan e India.
Il guar è solubile anche a freddo in acqua o latte ed è particolarmente stabile in ambiente acido. Durante la fase di miscelazione a freddo bisogna fare attenzione perché si formano facilmente dei grumi, per questo è consigliabile mescolarla a secco con altri solidi, come per esempio zucchero semolato. L’obiettivo è quello di legare la sostanza addensante con altri elementi che ne permettano la facile dispersione nella miscela gelato. Bisogna inoltre fare molta attenzione al dosaggio: una percentuale troppo elevata di farina di semi di guar (si consiglia una dose inferiore allo 0,15-0,20%) rende il gelato molto colloso e non spatolabile, può inoltre interferire sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Per evitare sovradosaggio e per sottolineare la sue proprietà, solitamente la farina di semi di guar si usa in combinazione con la farina di semi di carrube. Grazie a questa sinergia anche il problema di rilascio dell’acqua di quest’ultima viene annullato.

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sistemi Colloidi Empty Farina di Semi di Tara E417

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 9:21 am

La farina di semi di tara (E417) è un idrocolloide ricavato dalla decorticazione e macinazione calibrata dei semi del Tara (Caesalpinia spinosa), una Leguminose tipica dei Paesi del Sud America, come Perù e Bolivia
Le sue caratteristiche sono simili a quella della comune farina di semi di carrube, ma diversamente da questa è solubile a freddo e più stabile in ambiente acido. La farina di semi di tara si scioglie, infatti, per l’80% a freddo, ma raggiunge la completa solubilità a caldo. A freddo non presenta particolari problemi relativi alla formazione di grumi, anche se bisogna prestare molta attenzione nel dosaggio e particolare cautela nel mescolamento, versandola nel liquido e non viceversa. La farina di semi di tara ha un’alta viscosità e rilascia un piacevole sapore. Le dosi d’impiego vanno dallo 0,5 all’1% e sono mediamente inferiori del 10-15% rispetto a quelle della farina di semi di carrube tradizionale, per ottenere i medesimi risultati. Questo idrocolloide come la “sorella maggiore” presenta sinergia con idrocolloidi marini come agar agar e carragenine. La presenza di farina di semi di tara nei prodotti aumenta la forza gelificante e riduce o annulla la sineresi, dà soluzioni ben addensate e trasparenti in acqua. Nell’applicazione per la produzione di alimenti gelati ha una marcia in più rispetto alla farina di semi di carrube, poiché ha una buona stabilità al congelamento/scongelamento con rilascio d’acqua ridotto nonché fusione lenta. Data la sua elevata viscosità favorisce un buon overrun (presenza d’aria) nel gelato.

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Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 9:24 am

La CMC (carbossimetilcellulosa – E466) è un derivato solubile della cellulosa (anche la carta deriva dalla cellulosa ma non è solubile!) che si scioglie velocemente a freddo dando strutture setose, lucide e molto cremose. Apporta corposità e una texture particolarmente fine al gelato anche se certe volte risulta un po’ collante. Per questa ragione, infatti, è preferibile utilizzarla con altri idrocolloidi come guar, alginati, carruba, ma soprattutto con la carragenina, poiché questa è in grado di evitare la precipitazione (da un punto di vista chimico, precipitare significa separarsi dalla soluzione e depositarsi sul fondo) delle proteine del latte, è quindi ideale nella produzione di gelati a base latte. La CMC è solubile a freddo in acqua, origina soluzioni trasparenti ed è possibile produrla con viscosità da basse ad altissime. Nella produzione di gelato artigianale si preferisce un prodotto di media viscosità perché si disperde più facilmente e non forma grumi. Data la sua alta capacità addensante bastano dosi minime.

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sistemi Colloidi Empty Le Gomme Xanthano E415

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 2:12 pm

La gomma xanthano (E415) è un eterepolisaccaride ottenuto per fermentazione di un substrato a base di carboidrati, una sorgente di azoto e da altri elementi di crescita, attraverso il batterio Xanthomonas Campestris. Questo idrocolloide si presenta sottoforma di polvere più o meno fine o granulare ed è solubile a freddo in acqua. Le varie molecole che compongono la gomma xanthano si dispongono secondo una struttura elicoidale scorrendo l’una sull’altra quando il liquido viene sottoposto a un’azione di taglio (miscelazione) per poi riprendere istantaneamente la posizione iniziale quando l’effetto cessa: questa è la proprietà pseudoplastica dello xanthano. Resiste bene a pH acido e a concentrazioni saline elevate. Mantiene una viscosità costante alla temperatura di 70°-80°C. La gomma xanthano è un ottimo stabilizzante nelle emulsioni, sospendente (la sospensione chimica è la dispersione di particelle solide in un liquido) in prodotti acidi e presenta delle rimarchevoli sinergie con i galattomannani. Il gelato prodotto con la gomma xanthano presenta una fusione più lenta dando la sensazione di freddo meno intenso in bocca. Il potere addensante è elevato anche con dosi minime e permette di preparare sorbetti cremosi e stabili anche in assenza di grassi o latte. E' usato puro principalmente nella produzione delle granite.

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sistemi Colloidi Empty Gomma Adragante E413

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 2:14 pm

La Gomma adragante (E413) è un polisaccaride naturale prodotto dall’albero Astralagus genus anch’esso della famiglia delle Leguminose che cresce in Asia Minore, Persia, Kurdistan, Siria e Turchia. Questa pianta essuda una gomma: i tagli verticali producono dei pezzi piatti a forma di fiocco mentre i piccoli buchi producono delle “lacrime” o cristalli privi di colore o giallo pallido, inodori e quasi insipidi. La polvere che si ricava è quindi bianca o giallastra e priva di odore. La gomma adragante è costituita principalmente da una sostanza solubile (traganthin) e una insolubile (bassorin). Contiene inoltre tracce di amido, cellulosa e sostanze nitrogene (azoto). A contatto con l’acqua la traganthin diventa una soluzione colloidale, la bassorin, invece, si gonfia formando una massa gelatinosa. La gomma adragante è la più viscosa tra le gomme naturali conosciute, è solubile in acqua e ha un elevato valore emulsionante, buona stabilità al calore, all’acidità e al tempo.

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sistemi Colloidi Empty Gomma Arabica E414

Messaggio  tonio Sab Mag 16, 2020 2:21 pm

La gomma Arabica è la resina dell’albero Acacia Senegal. È forse la gomma naturale più antica, il suo impiego risalirebbe, infatti, agli antichi egizi, dove era usata come legante in cosmetica e negli inchiostri, nonché nel processo di mummificazione. Fu introdotta in Europa attraverso diversi porti arabi, da cui deriverebbe il nome. Si tratta di un agente emulsionante eccellente che aiuta a mantenere il prodotto a lungo nel tempo. Dona stabilità alle emulsioni “olio in acqua” e non maschera i sapori in quanto non lascia retrogusto. Nella produzione del gelato è in grado di controllare la formazione dei cristalli di ghiaccio, previene la sineresi e allunga la shelf-life del prodotto.

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sistemi Colloidi Empty E471 Mono e diGliceridi degli acidi grassi

Messaggio  tonio Gio Ago 13, 2020 12:09 am

E 471 I famigerati mono e digliceridi degli acidi grassi
cosa sono e come funzionano
Sono gli emulsionanti per ecceccellenza utilizzati nel gelato e nell'industria alimentare in genere.
Sono grassi sintetici ottenuti dal glicerolo e dagli acidi grassi naturali prevalentemente di origine vegetale (cocco e palma)
spieghiamoli in due parole
La glicerina è un polialcool
Formula chimica C3 H8 O3
Si presenta come un liquido viscoso, inodore, dolciastro, a 290°C si decompone ed è solubile in acqua densità 1.249 g/cm3 a 25°C
E' diffusa negli oli e nei grassi animali e vegetali, sotto forma di esteri  (gliceridi), dai quali si ottiene per saponificazione.

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sistemi Colloidi Empty emulsionanti

Messaggio  tonio Mar Gen 12, 2021 9:42 pm

Penso che ormai in tanti mi conoscono e siccome penso di essere il re degli ignoranti ( piu' che pensarlo lo sono) in questo periodo di poca attività' cerco di informarmi un po' per essere un po' meno il Re degli ignoranti ma più cerco di informarmi e più sono cosciente che non capisco una xxo di niente lol!
vaben
Ieri leggende tra i vari a riguardo degli emulsionanti trovo una sigla a me sconosciuta L' HLB
la domanda nasce spontanea: ma che axxo e sto HLB, ma e' una axxo di cosa che interessa anche a noi gelatieri.
e cosi ho trovato questo post in internet che riporto e che e' molto interessante

HLB - bilancio idrofilo/lipofilo
Con HLB si intende la misura del grado di idrofilia o lipofilia di un tensioattivo/emulsionante. Il metodo per calcolarlo è stato descritto da Griffin nel 1949, successivamente sono stati suggeriti anche altri metodi (Davies, 1957).
Il parametro HLB si determina attraverso il rapporto quantitativo (peso molecolare) tra le porzioni polari (idrofile) e le porzioni apolari (lipofile) della molecola.
L’HLB si misura in una scala da 0 a 20. Il valore HLB = 0 descrive una molecola completamente lipofila, mentre un valore HLB = 20 descrive una molecola completamente idrofila (es. un tensioattivo anionico teoricamente idrofilo al 100%). Tensioattivi/emulsionanti con HLB < 10 tendono ad essere solubili in olio (lipofili), tensioattivi/emulsionanti con HLB > 10 tendono ad essere solubili in acqua (idrofili).
Ogni tensioattivo/emulsionante possiede un preciso valore HLB.

PROPRIETA’ TENSIOATTIVE DI UNA MOLECOLA

HLB tra 0 e 3: agente antischiuma
HLB tra 3 e 6: emulsionante A/O
HLB tra 7 e 9: umettante
HLB tra 8 e 18: emulsionante O/A
HLB tra 13 e 14: detergente
HLB tra 10 e 18: solubilizzante


APPLICAZIONE PRATICA NEGLI EMULSIONANTI
REGOLA DI BANCROFT: l'abbassamento della tensione superficiale di un liquido ne favorisce la frammentazione in gocce. Mescolando due liquidi immiscibili con un tensioattivo, questo riduce in misura minore la tensione superficiale del liquido in cui è più solubile e sarà questo liquido a comportarsi da fase continua/esterna.
Esempio: un emulsionante idrofilo con HLB elevato tende ad abbassare maggiormente la tensione superficiale della fase oleosa, pertanto le micelle d'olio vengono circondate dall'acqua dando un emulsione O/A. Viceversa, un emulsionante lipofilo con HLB basso tende ad abbassare maggiormente la tensione superficiale della fase acquosa, le micelle d’acqua vengono circondate dall’olio dando un emulsione A/O.

* occorre tenere presente anche la quantità di olio/acqua utilizzati poichè il liquido presente in misura maggiore tenderà a formare la fase esterna/continua.

SCELTA DELL'EMULSIONANTE in emulsioni A/O
Per le emulsioni A/O, che richiedono emulsionanti con 3 < HLB < 6, l’attenzione è rivolta alla tipologia di emulsionante (in base alle caratteristiche fisico-chimiche dei lipidi) più che al valore HLB.
SCELTA DELL’EMULSIONANTE in emulsioni O/A
L’HLB trova la sua maggiore applicazione per scegliere la miscela di due emulsionanti più efficiente nel formare un’emulsione O/A stabile.
Alla fase oleosa viene fatto corrispondere un valore, detto HLBr (r = richiesto), che varia a seconda del tipo di materia prima utilizzata e della sua quantità.

ESEMPIO PRATICO: come ricavare l'HLBr totale per la formulazione.
Calcolo le percentuali dei singoli componenti della fase oleosa (FASE A) sul totale dei grassi utilizzati. Per ogni componente, moltiplico il valore trovato per l’HLBr corrispondente. Sommo i risultati e divido il totale per 100.

FASE A: olio di ricino 30% (14), olio di girasole 40% (7), olio di oliva 30% (7).





Come ricavare la percentuale dei due tensioattivi da combinare:
Per ottenere un'emulsione stabile, ho bisogno che la miscela di due tensioattivi abbia HLB complessivo corrispondente al valore HLBr totale. Con le seguenti formule, ricavo le dosi (in percentuale) dei due tensioattivi da miscelare.
Limiti del metodo:
Il metodo dell'HLB è un'ottima base di partenza per stabilire la tipologia di tensioattivi da utilizzare. Purtroppo ha qualche limitazione:

Non considera gli ingredienti aggiuntivi della fase acquosa (FASE B), che potrebbero avere un certo peso sulla stabilità dell'emulsione.
Non dice nulla riguardo della dose di tensioattivo da usare nella formulazione complessiva dell'emulsione (in generale il 2% - 4% è un buon punto di partenza, ma occorre affinare la formulazione).

Conclusione:
L'HLB è un metodo valido per avere un'idea generale di come si comporterà un'emulsione. Tuttavia occorre sempre provare empiricamente la stabilità della nostra emulsione per ottimizzare la formulazione.
Pubblicato da Alice Colombo a 13:34

http://langolodeipaciughi.blogspot.com/2016/05/hlb-bilancio-idrofilolipofilo.html

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sistemi Colloidi Empty Farina Semi di Carrube da Food in Progress

Messaggio  tonio Mer Mar 23, 2022 2:32 am

Farina di semi di carrube (Ita), locust bean gum (Eng), farine de graines de caroube (Fra), Goma garrofín (Esp), Johannisbrotkernmehl (Deu).

Categoria funzionale: stabilizzante, addensante, agente legante (tablet binder).

Numero E: 410.

Numero CAS: [9000-40-02].

Peso molecolare: 50-3000 kDa, dato da galattomannani (D-galattosio + D-mannosio). Rapporto mannosio:galattosio circa 4:1.

Forma: polvere fine, di colore chiaro o tendente al giallo-marrone, quasi priva di odore e gusto.

Densità media (tapped, g/cm3): 0,6-0,7.

pH (soluzione acquosa al 1% w/v): 5,0 – 5,5.

Solubilità: solo parzialmente solubile e idratabile in acqua fredda anche se oggi, versioni “cold-soluble” sono presenti sul mercato. Solubile in acqua calda (generalmente 85-90 °C per 10 minuti sono necessari per una sua completa solubilizzazione). Insolubile in molti solventi organici e in etanolo.

Produzione: la farina di semi di carrube è ottenuta dalla macinazione dell’endosperma dei semi semi dalla Ceratonia siliqua, albero da frutto appartenente alla Famiglia delle Fabaceae (Leguminosae) e diffuso nel bacino del Mediterraneo. La produzione è generalmente più complessa e comprende diverse fasi successive a quelle sopra descritte, quali ad esempio, la dissoluzione della polvere, la sua una filtrazione dopo precipitazione e l’essiccamento.
Definizione (dal Regolamento (UE) 231/2012 del 9 marzo 2012): la farina di semi di carrube è costituita dall’endosperma macinato dei semi di ceppi naturali della pianta del carrube, Ceratonia siliqua (L.) Taub. (famiglia delle Leguminosae). Essa è costituita essenzialmente da un polisaccaride idrocolloidale ad alto peso molecolare, composto principalmente da unità del galattopiranosio e del mannopiranosio collegate attraverso legami glucosidi, che può essere chimicamente descritto come un galattomannano.

Impiego: la farina di semi di carrube è diffusamente impiegata in ambito alimentare, farmaceutico e cosmetico. in combinazione con lo xantano si possono creare gel elastici e, in rapporto 1:1, originare gel termo-reversibili. Miscelandolo opportunamente con la k-carragenina e/o la gomma di guar si possono incrementare la forza e l’elasticità del gel (sinergismo). A differenza di altri idrocolloidi, è poco sensibile alla presenza di cationi mono- e bi-valenti. Tra gli alimenti che più frequentemente possono contenere farina di semi di carrube, in percentuali variabili dallo 0,1 allo 0,5%, si possono citare i gelati, dessert, dressing e salse da condimento. Una dispersione acquosa all’1% di una farina di semi di carrube “high grade”, ha un valore di viscosità dinamica pari a circa 2500-2800 mPa·s (25 °C). La misura della viscosità è poco influenzata dal pH nel range di 3,5-10.

Limitazioni nel dosaggio d’impiego (dal Regolamento (UE) 1129/2011) a seconda dei casi nella misura dei mg/kg o mg/l, seguono alcune indicazioni sui livelli massimi d’impiego consentiti. 01.6.2 prodotti a base di panna o crema di latti non aromatizzati, ottenuti con fermenti lattici vivi, e loro succedanei, con tenore di grassi inferiore al 20%, quantum satis. 04.2.3 ortofrutticoli in recipienti. 04.2.5.2 confetture, gelatine e marmellate di frutta e crema di marroni, quali definite dalla Direttiva 2001/113/CE, 10.000. 04.2.5.3 altre creme da spalmare analoghe a base di frutta e ortaggi, 10.000. 11.4.1 edulcoranti da tavola in forma liquida, quantum satis. 11.4.2 edulcoranti da tavola in polvere, quantum satis. 13.1.2 alimenti di proseguimento, quali definiti dalla Direttiva 2006/141/CE, 1.000. 13.1.3 alimenti a base di cereali e altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini, quali definiti dalla Direttiva 2006/125/CE, 10.000 (solo alimenti a base di cereali e alimenti destinati ai lattanti trasformatati), 20.000 (solo alimenti a base di cereali senza glutine). 13.1.4 altri alimenti per bambini nella prima infanzia, 10.000. 13.1.5.1 alimenti dietetici destinati a fini medici speciali per lattanti e alimenti speciali per lattanti, 10.000 (a partire dalla nascita, nei prodotti destinati a ridurre il riflusso gastroesofageo). 13.1.5.2 alimenti dietetici destinati a fini medici speciali per lattanti e bambini nella prima infanzia, quali definiti dalla Direttiva 1999/21/CE, 10.000 (a partire dalla nascita, nei prodotti destinati a ridurre il riflusso gastroesofageo).

Limitazioni nel dosaggio d’impiego (dal Regolamento (UE) 1130/2011), quantum satis come coadiuvante negli additivi alimentari, additivi alimentari, compresi i coadiuvanti, negli enzimi alimentari, additivi alimentari nei nutrienti.

Bellissimo articolo da
Da Food in Progress https://www.foodinprogress.com/farina-di-semi-di-carrube-2/

Antonio Pascale
Il Re degli Ignoranti
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